mercoledì, febbraio 07, 2007

Il "Lamento" dell'Elefantino

Giuliano Ferrrara, direttore de Il Foglio ha letto l'ultimo lavoro dello scrittore Philip Roth, (“Everyman”, Einaudi, euro 13,50) uno dei narratori americani viventi più seguiti e apprezzati. Insuperabile resta il suo capolavoro "Il Lamento di Portnoy".
Ferrara ha recensito la sua ultima opera, restandone profondamente colpito. Così ne ha scritto sul suo Foglio: "Prendi un americano qualunque, everyman, e raccontalo come ha fatto l'ultimo Philip Roth a partire dal suo funerale, riaprendo la sua vita dall'infanzia in una specie di resurrezione atea, e poi su su per matrimoni, figli, divorzi, tradimenti, dolore, sesso e malattie.

Mettici il nostro dio qualunque che c'è e non c'è, le stelle, il buio, le maree, il bagno nell'oceano, il rumore sordo del corpo che invecchia, gli amici che se ne vanno tra una battuta e l'altra, l'incomprensibile tragedia dell'esistere senza senso e del morire senza senso vista attraverso la vita e la morte degli altri, il suicidio di chi soccombe alla sofferenza, la malinconia e la bontà di chi ti è caro e a cui tu sei caro, e soprattutto il senso di colpa maschile cercato e trovato infallibilmente nell'erezione, nella bugia, nel dominio sentimentale qualunque (...)"

"L'età - rileva Ferrara - ha piegato l'ironia di Roth, grande scrittore ebraico-americano che dopo tanta sciupata vitalità ha scritto un suo magnifico e severo testamento provvisorio, da riscrivere mille volte imitando il suo qualunque eroe, il suo everyman, come aveva fatto Mordecai Richler, grandissimo scrittore ebraico-americano, nella sua indimenticabile “Versione di Barney”. (...) Roth è poeta del corpo, lo si sa dal suo “Lamento di Portnoy”, e la sua misura non è la religione anche incredula, ma sempre devota, bensì la psicoanalisi, l'irrisione moderna dell'idea ebraica e cristiana che il padrone sia fuori di noi. Roth disprezza i rabbini, Richler li imita".

Poi "Giulianone" apre sull'attualità, il tempo presente. Ed è un gran fendente. "Per essere un paese qualunque anche il nostro, che parla quasi solo di terapia ed eutanasia e di fitness, di accanimenti sul corpo e sofferenze senza senso, di amori di coppia e diritti mescolati in una logica di provvisorietà coatta dell'amore, di mancate promesse, di contratti fatti per essere di-sfatti il più facilmente e il più rapidamente possibile, di figli che non si attendono ma si fanno, si fabbricano a piacere come si aboliscono a piacere, però con molto dispiacere, questo racconto di Roth dovrebbe vendere un sacco di copie e far piangere un sacco di uomini e donne, particolarmente nella generazione che ora regge le sorti del mondo politico e morale, della sua legislazione, della sua educazione, della sua condotta civile"(...).
Gran libro irreligioso e orgoglioso - chiosa Ferrara - che segnala la sconfitta irrimediabile della fede del nostro tempo, la fede nel corpo.

Nessun commento: