martedì, settembre 19, 2006

Io e Bikila, ovvero vi racconto come è andato il mio secondo allenamento

Che invidia. Apprendo dalla rete che, sabato sera, Gasparotto ha partecipato alla Corriroma 2006, gara di 11 chilometri sulle strade di Bikila, un mito, il vincitore scalzo della maratona olimpica del 1960. Come se non bastasse, Manlio, - spero non se ne abbia a male se lo chiamo per nome anche se non lo conosco di persona - ha corso assieme a Baldini, nella stessa gara, s'intende. Sarà stata una grande corsa, davvero! Io nel piccolo, però, non posso lamentarmi.

Intanto la mia marcia di avvicinamento all'unico obiettivo stagionale, la partecipazione alla Stracinisello in calendario per domenica 8 ottobre, prevedeva la mia seconda uscita stagionale di corsa. E le cose, tutto sommato, sono andate bene, anche se gli inconvenienti extra agonistici non sono certo mancati.
Ma tutti gli accidenti dell'esistenza ho cercato di girarli a mio favore e penso di esserci riuscito. Per esempio: ho sfruttato la rottura in settimana dell'ascensore per salire un paio di volte 6 piani a piedi; agli appuntamenti ci arrivo di corsa, e leggermente in ritardo, orologio alla mano, con quella giusta dilazione di tempo che finisce per non esasperare chi mi aspetta. Con l'autobus al mattino faccio lo stesso. Predispongo le cose in modo tale che sia costretto sempre a correre per agguantarlo in tempo. Tutte queste operazioni, sottili sotterfugi, scappatoie esistenziali, mi evitano di programmare più uscite di allenamento durante la settimana che in ogni caso non avrei tempo di fare, per impegni di famiglia e di lavoro. Con questa non so se raffinatissima tecnica mi tengo sempre in allenamento anche se non seguo tabelle rigorose; del resto, fartlek e ripetute sono naturalmente nel mio Dna e faccio come gli indiani che per certe faccende vanno dietro all'istinto della prateria.

Dopo la prima uscita di domenica scorsa, mi ero imposto un' allenamento all'interno della settimana lavorativa, giovedì o venerdì.Giovedì non potevo, venerdì ho fatto di tutto per correre. Ma alla sera, arrivato a casa verso alle 19 è giunta la classica nuvola fantozziana a rovinare tutto il programma. Allenamento rimandato al sabato pomeriggio. Ecco come è andata.
Esco, trotto tranquillo sull'asfalto, da casa sino all'ingresso del Parco Nord, da dove è possibile prendere un sentiero e infilarsi in un bosco.
I primi sette- otto minuti sono al piccolo trotto. Controllo l'andatura, ho il cardofrequenzimetro, acquisto fresco del sabato mattino (così poi non ditemi che sono rimasto ai tempi del far west), ho la percezione di aver sgomberato i pensieri in sovrabbondanza nella mia testa), non sento
alcuna fatica ma mi sento impacciato nei movimenti, specie quelli degli arti superiori. Le gambe e le spalle sono rigide e non accompagnano con naturalezza il gesto atletico. Solo un attimo di riflessione sulla tecnica, poi mi butto nell'agone agonistico, infilo il sentiero del parco, svolto a destra e mi investe un sovrappiù di natura: alberi, ombra, persino il profumo della corteccia e dei fili d'erba. Il clima è ancora caldo ma non asfissiante. Ogni tanto sento anche un po' di fresco e un refolo di vento. A questo punto, dopo una decina di minuti di corsa, mi prende la classica euforia da corsa. Il cervello produce una sostanza che toglie il senso della fatica e spinge ad andare più forte (questa vicenda la lessi anche sulla rivista Correre).

I battiti del cuore aumentano, incrocio una giovane famigliola in bicicletta che conosco. Oh mamma, non mi hanno mai visto prima in mutande da corsa e chissà che cosa pensano a questo punto? Li supero, accenno un saluto. Proseguo. Quasi muoio di vergogna. Dopo un centinaio di metri inverto il senso di marcia. L'istinto mi guida e cambia il mio stato d’animo, mi sento gagliardo. Ora voglio seguire le persone che conosco (lo so rischio il ridicolo), vorrei agganciarli, stare sulla loro scia, dietro la loro bicicletta. Corro e corro, ma a questo punto mi accorgo che mi mancano chilometri di allenamento e di più non posso fare. La famigliola sfuma all'orizzonte e io per, senso pratico, rallento.

Ancora un centinaio di metri e proprio sento un desiderio grande di fermarmi. Non ci penso due volte, mi fermo e poi cammino. Totale: venti minuti di corsa senza interruzioni.
Il cervello giunto ad un certo punto non dà più stimoli, urge uno stop.

Proseguo senza rimorsi di coscienza il mio allenamento, in fondo è solo la seconda uscita. Ora vado a piedi. Dopo una decina di minuti mi torna la voglia, di correre. Aggancio la salitella, una rampa secca e carogna, che uso come test, quando vado in bicicletta, per capire la mia condizione. Se arrivo in cima senza il fiatone, significa che sono allenato, altrimenti ho ancora molto da lavorare. Salgo senza forzare e il mio cardofrequenzimetro indica che sono arrivato quasi al massimo delle pulsazioni.
In cima mi fermo, torno a casa passeggiando. Soddisfatto. Ora lascerò passare almeno due giorni di riposo assoluto. Il prossimo allenamento lo programmo per mercoledì mattina, prima del lavoro, quindi alzataccia. La prossima volta voglio correre 30 minuti filati senza fermarmi. Poi qualche allungo per sgranchirmi i muscoli. La vera fatica sarà correre prima delle 7.

Augh!