venerdì, ottobre 20, 2006

Salvate il Sergente nella neve

A Milano si direbbe: ciurlare un po' nel manico. Ovvero ritardare, temporaggiare l'azione. Quello che andava fatto era informare. Questo dovrebbero fare
i giornali. E invece non è stato fatto, preferendo montare la panna, come si dice in un certo sotto gergo giornalistico.

Oggi un importante quotidiano a tiratura nazionale tira in ballo un libro importante, il Sergente della neve" scritto da Mario Rigoni Stern, un long seller che fece conoscere al mondo la ritirata in Russia degli alpini. I due articoli ospitati nella cronaca lombarda a pagina 13 di un importante quotidiano a tiratura nazionale, trattano l'argomento del titolo del romanzo che, come ricorda lo stesso Mario Rigoni Stern, intervistato dal giornale, fu scelto da Elio Vittorini in persona. Qualcosa come 53 anni fa.

Bene, secondo quanto scritto dal quotidiano Il "Sergente nella neve" non è un milite ignoto, o un personaggio immaginario. No. Spunta oggi la testimonianza del figlio di Francesco Minelli che rivela, sembra per la prima volta: "Mio padre, Francesco Minelli, era il "Sergente nella neve", raccontato da Mario Rigoni Stern". Mai un'uscita pubblica, una dichiarazione. Un segreto custodito nel segreto delle quattro mura di casa da condividere, forse, con il nipote dell'alpino di Rovato che, partito per il fronte russo nel luglio 1942, arruolato nella 55esima Compagnia del VI Battaglione Vestone della Divisione Tridentina, morì all'inizio di febbraio 1943 poco dopo la sua cattura a Nikolajevkna.

Secondo la testimonianza di Giancarlo Minelli rilasciata al Corriere, "Rigoni Stern
vide mio padre agonizzare nella neve. Fece di tutto per dargli animo e farlo
reagire, pur sapendo che la morte lo stava portando via. "Il sergente nella neve" è stato il miglior omaggio che il babbo e tutti gli alpini potessero ricevere.
Di questa notizia, non esiste una prova. Tutto si basa sulla parola del figlio.
Forse una convinzione interiore che ci piace lasciare al protagonista in seconda battuta di questa grande tragedia e storia. Ma il giornale no, poteva fare a meno
di gonfiare la storia. Ok. Il Sergente della neve è stato un soldato in carne e ossa.

Fuori le prove. Come se non bastasse, la spalla, con l'intervista allo scrittore,
non aggiunge una certezza in più a sostegno della tesi.
Ma non fu Vittorini a scegliere il titolo? E in base a quale criterio lo scelse? Aveva in mente un personaggio, una persona, in particolare?

Questo vorremmo sapere da un giornale a grande tiratura nazionale.

martedì, ottobre 17, 2006

Sedaris? Come il mascarpone al cioccolato


Leggere i racconti di David Sedaris fa lo stesso effetto, per me, che degustare il mascarpone con il cacao e lo zucchero, un intruglio ipercalorico e gustosissimo che all'inizio inebria, assapora al punto da soffocarti. E' per questo motivo che, probabilmente, uno come Sedaris bisogna prenderlo a piccole dosi e solo quando serve.
Di questo autore, americano e greco di origine, i risvolti di copertina così recitano: "la comicità soave, crudele, disincantata, intelligente e terribile di questo eterno ragazzo offre la più irresistibile chiave di lettura dell'assurdità del mondo d'oggi". Si può essere d'accordo su questa frase, su quasi tutta la frase, specialmente la prima parte. Che il mondo sia assurdo, poi, andrebbe dimostrato. Di certo questo scrittore ce lo mostra così, questo globo, dalla prospettiva della vista dei suoi occhiali.
Di certo, alcune frasi sono imperdibili, di conio originale. Per esempio, tratto da "Me parlare bello un giorno (Mondadori):

"Per chi ci vive, è sempre salutare osservare Manhattan da una certa distanza. Vista da vicino la città appare come un opprimente cumulo di scale, ma da lontano ispira fantasie di ricchezza e potere così profonde che persino i comunisti talvolta restano senza parole".

Oppure: "A differenza di mio padre, che sfornava tele a raffica e senza il minimo criterio, io avevo idee concrete su come dovesse essere la vita di un artista. Seduto alla mia scrivania, con in testa un baschettino stretto quanto il cappuccio di una ghianda, mi immergevo nel mondo dei libri d'arte presi a prestito dalla biblioteca pubblica".

note di Angelo De Lorenzi