sabato, ottobre 27, 2007

Pantani come Tenco?/2


Un libro, una mamma, un ragazzo - suo figlio - che se ne è andato il giorno dedicato agli innamorati, febbraio 2004. Un'inchiesta, i giornali che ne parlano. E i tifosi che ancora ricordano. Le sue fughe. Le sue imprese. Le sue cadute. Tutt'altro che una storiaccia.

Certo, una storia piena di contraddizioni. Ma una storia vera che attinge alle cose che sono accadute realmente nel mondo del ciclismo, e di tutto ciò che è ruotato attorno ad esso in tutti questi anni.


Comunque, la si giri questa storia. Comunque la si racconti, dall'inizio o dall'epilogo, da Madonna di Campiglio o dall'Alpe d'Huez, qui stiamo parlando di Pantani, cioè il ciclismo.
Alla luce dei fatti nuovi contenuti nel libro di Philippe Brunel (Vie et mort de Marco Pantani), ed Grasset) di cui ha ampiamente scritto Gianni Mura su Repubblica, la famiglia chiederà che sia riaperta l'inchiesta sulla notte del 14 febbraio 2004. Mamma Tonina non ci sta. Non c'è mai stata. A Repubblica ha detto:"Marco lo hanno fatto fuori, lo so. L'ho detto subito e continuerò a dirlo, anche se c'è chi mi fa passare per pazza". Ma perché uccidere Marco?"Il motivo era che mio figlio era una persona che quello che pensava diceva. E voleva dire quello che c'è di marcio nel ciclismo".


Certo, avrebbe potuto farlo prima, avrebbe avuto altre occasioni per dire le cose come stavano. Ma, o non ha voluto parlare o gli è stato impedito. Non ci sono in questo caso, le vie di mezzo.
Ciò che è accaduto quella notte lo sappiamo ma in termini generali. Il giornalista, con le sue rivelazioni, potrebbe contribuire a riaprire il caso.

Vediamo in sintesi, dunque, che cosa avrebbe scoperto Philippe Brunel, fatti che lo portano a dire - intervistato da Repubblica - che "l'indagine svolta da voi in Italia è stata superficiale e frettolosa".

NELLA CAMERA CON PANTANI C’ERA UN’ALTRA PERSONA?

1. Non sono state effettuate perizie sulle impronte digitali rilevate sulla scena del ritrovamento del cadavere. Questo, semplicemente, perché le impronte non sono state rilevate. Perché non sono state rilevate?Pare che il medico legale quella sera decise che non ce ne fosse bisogno.
2. Nella stanza entrarono varie persone dopo la scomparsa del corridore, prova ne è che pochi giorni dopo qualcuno, di cui si ignora ancora l'identità, cercò di vendere ai settimanali le foto del cadavere del corridore.
3. Da ciò che ha scritto Brunel, emerge un particolare inquietante che potrebbe anche dire molto oppure anche pochissimo, nell'eventualità che fosse fosse riaperta. Il medico legale, la sera dell'autopsia si portò a casa il cuore del corridore. Sempre secondo la ricostruzione di Brunel il medico era stato messo in guardia da non meglio precisati pericoli e mancava il guardiano dell'obitorio.
4. Non ci fu il sequestro delle videocassette di sorveglianza dell'albergo e nessuno perciò sa che cosa filmarono quegli apparati.
5. Pantani è morto per aver ingerito un grosso quantitativo di cocaina che è stata trovata in quantità sei volte superiore alla dose letale nell'esofago e nella bile. La modalità di assunzione, alquanto anomala, può far sorgere qualche sospetto. Il più
elementare: e se fosse stato costretto da qualcuno ad ingerire questa enorme quantità di droga?
6. Un altro particolare potrebbe indurre a credere che nella stanza dell'albergo non ci fosse solo Marco Pantani. Nessuno, infatti, è riuscito a spiegare la presenza di due confezioni di cibo cinese take away. Primo perché Pantani non amava quel tipo di cucina. Secondo, fatto più importante, né dal suo telefonino, né dal
telefonino fisso è mai stato chiamato un ristorante cinese. Al mattino quelle scatole non c'erano - secondo quanto riferito dalle cameriere - quindi le ha portate lì qualcuno prima che Pantani morisse.
7. La stanza appare devastata, anche secondo quanto si vede dalle foto apparse sui giornali (Repubblica ne riporta due inedite nel numero apparso sabato 27 ottobre 2007 in edicola), come se si fosse abbattuto un uragano. Brunel si chiede:"Come è possibile che un uomo faccia tutto ciò e non riporti nemmeno un graffio sulle mani
oppure un'unghia spezzata?".


(Angelo De Lorenzi)

venerdì, ottobre 26, 2007

Pantani, un caso da riaprire


Un libro scritto da Philippe Brunel, inviato dell'Equipe, dal titolo ""Vie et mort de Marco Pantani", editore: Grasset & Fasquelle, riporta alla luce la vicenda del corridore romagnolo, rivelando particolari inediti come il fatto che il medico che eseguì l'autopsia si portò a casa il cuore del Marco Pantani in un contenitore overdose. Tanti i dettagli mai chiariti.

Il giornalista francese mette sotto accusa l'inchiesta della magistratura, piena di ombre come gli ultimi terribili mesi del "Pirata". Gianni Mura, il decano dei giornalisti sportivi, grande esperto di ciclismo e raffinato autore anche di un romanzo ambientato in questo mondo, scrivendone su Repubblica, si pone molte domande, alcune molto interessanti. Per esempio: per quale motivo un libro-inchiesta su Marco è stato scritto da un giornalista francese e non da un italiano? Mura azzarda un'ipotesi. "Andava bene così. La morte di Pantani è, ed è stata, molto scomoda. Sì, ci voleva un francese, uno straniero,

Brunel per ricostruire i fatti è stato a lungo nella Romagna d'inverno, e ne racconta i toni lividi, lo squallore, l'assenza di turisti ma la presenza di spacciatori, di hostess che fanno le puttane o viceversa, e questo era un passaggio obbligato. Ma ha anche visto foto e filmati dell'autopsia, ha scoperto particolari macabri, come quello del perito che, per timore che il cuore di Pantani fosse trafugato dall'ospedale, se lo porta a casa, in un contenitore apposito, e lo nasconde in cucina, senza dire nulla alla moglie.

A un certo punto mi son messo a pensare che l'inchiesta sulla morte di Pantani assomigliava un po' a quella fatta per Luigi Tenco, 40 anni fa a Sanremo. Un morto scomodo, da qualunque parte lo si prendesse. Un'indagine da chiudere alla svelta".

Da parte mia, mi riservo di esprimere la mia opinione personale sul caso, almeno fino a quando non avrò ancora letto il libro del giornalista francese. Come minimo, alcuni dettagli rivelati dal libro del giornalista francese andrebbero approfonditi. Senza pescare troppo nel torbido, alla fine. Anche se è davvero difficile, in questi casi.

Il "pezzo" di Gianni Mura su Repubblica.it