Un libro scritto da Philippe Brunel, inviato dell'Equipe, dal titolo ""Vie et mort de Marco Pantani", editore: Grasset & Fasquelle, riporta alla luce la vicenda del corridore romagnolo, rivelando particolari inediti come il fatto che il medico che eseguì l'autopsia si portò a casa il cuore del Marco Pantani in un contenitore overdose. Tanti i dettagli mai chiariti.
Il giornalista francese mette sotto accusa l'inchiesta della magistratura, piena di ombre come gli ultimi terribili mesi del "Pirata". Gianni Mura, il decano dei giornalisti sportivi, grande esperto di ciclismo e raffinato autore anche di un romanzo ambientato in questo mondo, scrivendone su Repubblica, si pone molte domande, alcune molto interessanti. Per esempio: per quale motivo un libro-inchiesta su Marco è stato scritto da un giornalista francese e non da un italiano? Mura azzarda un'ipotesi. "Andava bene così. La morte di Pantani è, ed è stata, molto scomoda. Sì, ci voleva un francese, uno straniero,
Brunel per ricostruire i fatti è stato a lungo nella Romagna d'inverno, e ne racconta i toni lividi, lo squallore, l'assenza di turisti ma la presenza di spacciatori, di hostess che fanno le puttane o viceversa, e questo era un passaggio obbligato. Ma ha anche visto foto e filmati dell'autopsia, ha scoperto particolari macabri, come quello del perito che, per timore che il cuore di Pantani fosse trafugato dall'ospedale, se lo porta a casa, in un contenitore apposito, e lo nasconde in cucina, senza dire nulla alla moglie.
A un certo punto mi son messo a pensare che l'inchiesta sulla morte di Pantani assomigliava un po' a quella fatta per Luigi Tenco, 40 anni fa a Sanremo. Un morto scomodo, da qualunque parte lo si prendesse. Un'indagine da chiudere alla svelta".
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